Figlia di un pastore protestante, Diane Birch ha speso la sua infanzia al seguito della famiglia, fra Zimbabwe e Australia, prima di far ritorno ai natii USA. La musica di cui si è nutrita da bambina era quella degli inni sacri, le melodie più scatenate al limite i gospel: possibile accostare una simile formazione a generi di più leggero ed ampio impatto?
Possibilissimo, se si ripercorrono le orme di un'evoluzione musicale che va dal sud - blues, south-soul, etc - fino alla East Coast, casa privilegiata del cantautorato femminile anni '70.
Prende forma così Bible Belt: il nome indica convenzionalmente la fascia degli USA popolata dal più alto numero di cristiani protestanti, non a caso l'area abbraccia proprio l'asse Sud/Est di cui sopra.
L'album, opera prima della giovane cantautrice, è apertamente intriso dei suoni e dello spirito che pervadevano i repertorii di tante artiste di qualche decennio fa, è cosa di un secondo farsi venire in mente Carole King, Joni Mitchell, Carly Simon ed altre ancora (lo stesso look della Birch richiama smaccatamente quello delle sue maestre).
Forte di una produzione che non lascia nulla al caso e della personalità di Diane Birch, il disco pur senza passare alla storia per originalità riserva un buon ventaglio di canzoni ottime per un degno salto nel tempo che fu.
Fra i brani in scaletta si segnala Nothing but a miracle, disperato lamento al cielo da parte di chi non riesce a dimenticare la fine di una relazione nemmeno quando la ragione prende ormai atto dell'inevitabile.
Arrangiamenti curati, pianoforte ben dosato, voce sincera e flessibile fanno della canzone una buona alternativa per chi sia alla ricerca di un prolungamento a dischi storici come Tapestry (con le ovvie proporzioni).
Tarkan
Possibilissimo, se si ripercorrono le orme di un'evoluzione musicale che va dal sud - blues, south-soul, etc - fino alla East Coast, casa privilegiata del cantautorato femminile anni '70.
Prende forma così Bible Belt: il nome indica convenzionalmente la fascia degli USA popolata dal più alto numero di cristiani protestanti, non a caso l'area abbraccia proprio l'asse Sud/Est di cui sopra.
L'album, opera prima della giovane cantautrice, è apertamente intriso dei suoni e dello spirito che pervadevano i repertorii di tante artiste di qualche decennio fa, è cosa di un secondo farsi venire in mente Carole King, Joni Mitchell, Carly Simon ed altre ancora (lo stesso look della Birch richiama smaccatamente quello delle sue maestre).
Forte di una produzione che non lascia nulla al caso e della personalità di Diane Birch, il disco pur senza passare alla storia per originalità riserva un buon ventaglio di canzoni ottime per un degno salto nel tempo che fu.
Fra i brani in scaletta si segnala Nothing but a miracle, disperato lamento al cielo da parte di chi non riesce a dimenticare la fine di una relazione nemmeno quando la ragione prende ormai atto dell'inevitabile.
Arrangiamenti curati, pianoforte ben dosato, voce sincera e flessibile fanno della canzone una buona alternativa per chi sia alla ricerca di un prolungamento a dischi storici come Tapestry (con le ovvie proporzioni).
Tarkan